La performance a “Lose Your Labels”
Il lavoro di Sara prevede l’utilizzo di video e di fotografia e il coinvolgimento diretto del pubblico per indagare la tema degli stereotipi legati all’identità sessuale.
Intervista a Sara Basta
Che cosa risponderesti se qualcuno tra il pubblico di “Lose Your Labels” ti chiedesse spiegazioni sul significato della tua performance?
Risponderei che fa parte di una ricerca che sto affrontando da qualche anno sull’identità di genere e che i quaderni del femminile e del maschile saranno un approfondimento ulteriore di questo mio progetto più ampio.
Che cosa ti ha spinto a partecipare al progetto “Lose Your Labels”?
L’affinità con la tematica del progetto.
Pensi che in Italia sia dato il giusto valore all’arte delle performance oppure no?
Dipende dal contesto, non credo si possa generalizzare a una questione nazionale.
Quali sono le caratteristiche principali che contraddistinguono il tuo lavoro? Come hai scelto di svilupparlo?
Direi la relazione con il contesto in cui si sviluppa il lavoro, contesto che può essere un luogo, una comunità, una persona. Il resto segue. Il mezzo che scelgo è funzionale alla realizzazione del lavoro, ma senza relazione il lavoro non nasce.
Nei tuoi lavori usi anche il cucito. Usando una metafora, all’interno della società contemporanea, qual è il calzino con il buco più grosso? Qual è il buco che rammenderesti più in fretta?
La mancanza di un tempo lento.
Qual è il colore che più si addice alla tua identità?
Rosso.
Su quale tessuto è cucita la tua etichetta?
Sulla lana.
Fonte: Laura Fattorini ed Eugenia Maria Cozzolino