Abito lo spazio
2016 / 2017 – Collective sewing – Cucito collettivo
Abitare lo spazio, living/dressing the space, (the italian word Abitare has a double meaning of living and dressing). Creating an outfit for an inhabited place. Abito lo spazio is a participatory project conceived by me and curated by Simona Merra. Through the ancient practice of sewing Abito lo spazio involves a range of people, friends and residents of always different neighborhoods, that give body together to story plots, links/relations and ‘pieces’ of real life. Gift is the drawing element of this collective project, which is based on the simple action of sewing and assumes importance for its own happening in the space, here and now, opening to dialogue and going beyond. The first experiment was held at Spazio Y gallery in the Quadraro neighborhood in Rome. During three meetings the entire floor area was covered by fabrics sewn together. The fabrics were freely given by those who took part in the project. Thus the space has been inhabited, and the ‘’abito’’ as an extension of the term habitus, has brought the sense of sharing a place that was “dressed”, gaining a new identity, thanks to the many hands that slowly and with extreme care have made this experience possible. Following Abito lo spazio has been realized in Palermo for the project “Schools in Tandem” by Manifesta12; at the ‘’Carlo Pisacane’’ primary school in Rome, and at smART Polo per l’Arte di Roma. The project is still in progress and ready to live in other places. Abito lo Spazio is documented with a video by Hour Interview (interview hours without interviewer, a project by Mauro Piccinini.)
Abitare lo spazio, creare un abito per un luogo abitato
Abito lo spazio è un progetto di arte partecipata ideato da Sara Basta a cura di Simona Merra. Attraverso la pratica antica del cucito Abito lo spazio coinvolge una pluralità di persone, amici e abitanti di quartieri sempre diversi che insieme danno corpo ad intrecci di storie, legami e ‘pezzi’ di vita vissuta. Il dono è il tassello trainante di
questo progetto collettivo, basato su un gesto semplice, quello del cucire, che acquista importanza per la sua stessa presenza nello spazio, qui e ora, aprendosi al dialogo e ponendosi oltre.
Il primo esperimento di Abito lo Spazio si è svolto presso lo Spazio Y di Roma, al Quadraro. L’intero pavimento dello spazio è stato ricoperto, durante tre incontri, da stoffe cucite tra loro. Le stoffe sono state donate da chi ha preso parte al progetto. Lo spazio è stato abitato e “l’abito”, inteso come estensione del termine habitus, ha portato in sé il senso della condivisione di un luogo che è stato “vestito” conquistando una nuova identità, grazie alle tante mani che con lentezza ed estrema cura hanno reso possibile questa esperienza.
Abito lo spazio è documentato da un video di Hour Interview*, intervista a ore senza intervistatore.
*Nato nel 2013 hour interview vuole mappare il mondo degli artisti, attori principali dell’arte contemporanea, e generare un ponte fra questi e gli osservatori. Hour interview è un progetto di Mauro Piccinini.
Abito lo spazio
testo di Simona Merra
21 gennaio 2016
L’essenza della pratica artistica risiede nell’invenzione di relazioni fra soggetti;
ogni opera d’arte sarebbe la proposta di abitare un mondo in comune
e il lavoro di ciascun artista una trama di rapporti col mondo
che genererebbe altri rapporti, e così via, all’infinito.
[Nicolas Bourriaud – “Estetica relazionale”]
Primo giorno (appunti): il pavimento di Spazio Y accoglie una montagna di stoffe. Sono pezze, indumenti, ritagli di ricordi depositari di tracce di vita e di vissuto delle persone invitate da Sara Basta a lasciare un dono.
Il dono diventa il tassello trainante di questo progetto collettivo, basato su un gesto semplice, quello del cucire, che acquista importanza per la sua stessa presenza nello spazio, qui e ora, aprendosi al dialogo e ponendosi oltre.
Ciò significa divenire parte di un’azione che non è unicamente frutto dell’operato di un singolo – l’artista – ma da la possibilità di intervenire in prima persona nella creazione di un’opera, che diventa dunque processo attivo e contaminabile da chiunque.
“Le mie stoffe non hanno una storia particolare. Le ho portate qui per darle il senso che non sono riuscita a dare”, così racconta Sabrina che si butta in una nuova esperienza divenendo “parte degli altri”, per qualche ora.
I racconti raccolti in un quaderno, acquisiscono valore in quanto testimonianze di vita reale e fissano i ricordi personali, divenendo parte di un tutto.
Lo spazio abitato da tante persone che varcano la soglia, diviene il luogo di produzione dell’opera, innescando un processo aperto lasciato all’improvvisazione spontanea dei partecipanti.
29 gennaio 2016
L’arte è uno stato di incontro.
[Nicolas Bourriaud – “Estetica relazionale”]
Oggi si continua a cucire, i vari pezzi di stoffa hanno assunto forme diverse che man mano vengono assemblate tra loro, crescono di dimensione e si rinnovano. Cucire è un’azione lenta che costringe alla concentrazione, apre uno spazio e un tempo per “stare” e conoscere altre storie, condividendo un gesto comune.
Lo stato di incontro di cui parla sapientemente Bourriaud, definisce un rapporto con la temporalità che in questo preciso contesto è legato alla relazione: il tempo del visitatore, il tempo di esecuzione, la processualità.
Così Sara Basta mette al centro del suo lavoro le relazioni con e delle persone, sperimentando l’arte come inter-azione collettiva per rompere la distanza tra creatore, opera e fruitore.
Nel percorso della sua ricerca artistica, non a caso, spesso coinvolge i bambini in azioni semplici e per loro natura istintive, che mettono in discussione la percezione della realtà e lo stare al mondo. Da attenta osservatrice, Sara coglie – senza costrizione alcuna – le intuizioni altrui, lasciando agire i soggetti che sceglie come co-autori dell’opera.
Accostare l’uno all’altra diversi tessuti significa anche unire storie diverse che divengono parte di un’unica narrazione: ognuno presente qui, quando tornerà ritroverà parte di sé stesso.
6 febbraio 2016
Abitare lo spazio, creare un abito per un luogo abitato
[Sara Basta]
Ultimo giorno: la presenza del vissuto, scandita in diverse forme e colori, viene evocata attraverso le stoffe che si appropriano del pavimento, ridisegnando e dilatando lo spazio fisico in spazio emozionale.
“Abito”, inteso come estensione del termine habitus, porta in sé il senso della condivisione di un luogo che viene “vestito” conquistando una nuova identità, grazie alle tante mani che con lentezza ed estrema cura hanno reso possibile questa esperienza.
L’artista da sempre inventa relazioni con l’aiuto di segni, forme, gesti e questa pratica diventa per Sara Basta il pretesto per avviare un progetto che si presta a essere itinerante per la sua stessa capacità di innescare una catena di racconti.
Ecco che alla fine Abito lo spazio diviene portatore di memoria e unisce autori e osservatori dell’opera in un’unica persona, capovolgendo la visione dell’artista come unico attore della creazione.
Ora non resta che ”abitare” altri luoghi.